Il senso dello stato


Questa è una prefazione alle considerazioni che mi sono venute leggendo gli articoli della nostra costituzione e che compongono il resto del blog.

Oggi siamo di nuovo in crisi: crisi economica, crisi politica, crisi sociale e culturale. Certe domande mi vengono in mente tutte le volte che sento l’evolvere della situazione nei telegiornali, con un certo sconforto devo aggiungere.

Cosa è lo stato? Cosa significa essene cittadini? E perchè esiste in questa forma?

Sono domande non semplici. Facile era la vita quando a queste domande la risposta era data dal Re, sorgente del diritto per volontà divina (od elettiva a dire il vero) e unico propietario di ciò che ricadeva sotto la sua influenza (almeno nominalmente). nelle monarchie piu o meno assolute il senso del comando partiva dal re per discendere verso il popolo.

Nell’era moderna, a parte alcuni stati a carattere confessionale, Dio (quale?) viene usato per giustificare una entità di fatto laica che deriva la sua giustificazione dal popolo che, in qualche maniera, trasmette la sua volontà tramite un processo elettivo. Il senso del comando quindi si inverte ed è il popolo a demandare un diritto di governo ad i suoi rappresentanti.

I modi e le forme di questa operazione variano, cosi come è estremamente variabile il senso che si da allo stato.

Ma allora da cosa prende la sua giustificazione e la sua forma lo stato? Dal popolo sovrano (in contrapposizione al sovrano re) attraverso un documento che delinea in forma scritta i principi fondativi della nazione. Principi etici e morali che delineano sia la forma statutaria (repubblica, democrazia parlamentare, diretta e via cianciando) che gli scopi e gli ambiti di intervento.

Perchè il problema grosso è a cosa serve uno stato, e come lo stato può intervenire per adempiere alle proprie funzioni cosi come indicate nel dettato costituzionale.

La questione non è proprio elementare, dal momento che non esiste un manuale su come scrivere una carta costituente, o costituzione, nei vari paesi si è fatto un po di tutto, dall’elencare diritti generici al esprimere precisi precetti.

La carta costituzionale va quindi letta, capita ed interpretata per avere una minima comprensione di cosa sia lo stato, o almeno quel preciso stato generato da quella specifica carta.

Ben diverso è dire che la costituzione riconosce il diritto dell’uomo alla felicità dal dire che lo stato si deve occupare della felicità o del benessere dei cittadini. Nel primo caso viene lasciato spazio alla arbitrarietà della azione dello stato nei confronti della popolazione cui non può negare la felicità (riconosciuta come un diritto) ma su cui non ha obblighi di sorta nel facilitarla o procurarla, nel secondo viene esplicitamente affermato che compito dello stato è occuparsi attivamente della problematica.

Se il discorso è legato alla felicità il ragionamento può essere relativo (come si da la felicità?) ma se interveniamo in altri ambiti, come ad esempio l’economia o la scuola, la questione diventa stringente e, in qualche maniera, vincolante.

Il documento fondante della repubblica italiana è la nostra costituzione, ed è in quell’insieme di norme e precetti che vanno cercate molte risposte a domande a tutt’oggi attuali. Deve lo stato intervenire nelle questioni economiche? può lo stato permettere a larghe fette della popolazione di vivere sotto la soglia di povertà? e chi è lo stato? come regola le sue interazioni con il popolo?

Mi sono posto quindi l’obiettivo di leggerla, questa costituzione, e cercare di capirla un minimo, in funzione delle mie ridotte capacità cognitive e delle mie scarse conoscenze, ed ho pensato di mettere nero su bianco le considerazioni che mi sono venute in testa leggendo quel testo.

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